Agli
inizi del XX secolo entra in crisi il modello temporale newtoniano che
considerava il tempo come un flusso irreversibile, continuo ed
immutabile o se vogliamo come una linea retta lungo la quale si muove il
presente. Nello stesso periodo è nato il cinema e proprio nel cinema,
per le sue capacità tecniche e per le applicazioni che ne conseguono, si creano elementi che aiutano a percepire le nuove innovazioni culturali che dicevamo.
Partendo dal concetto kantiano che il tempo è una delle categorie fondamentali con le quali interpretiamo la realtà,
già verso il 1890, il filosofo inglese Bradley, in modo innovativo,
aveva affermato, tra l’altro, che nell’uomo esistono “tempi paralleli”
come serie di successioni temporali autonome prive di qualunque rapporto
l’una con l’altra. Quindi nella nostra mente non esiste un ritmo unico
di durata, ma ritmi differenti che corrispondono ai gradi di tensione
della nostra coscienza e del nostro stato d’animo.
Il
cinema s’inserisce a pieno titolo nella messa in discussione della
concezione del tempo continuo e senza interconnessioni, in quanto ha la
possibilità di giocare con le dimensioni dello spazio e del tempo che
possono essere dilatati e compressi e muovendosi avanti e indietro lungo
la linea temporale riesce anche a creare spazi fantastici e
immaginari.
Nel
cinema i piani sequenza, le dissolvenze, le sovrapposizioni e le
mutazione dei colori, come anche gli inserti musicali o gli effetti
speciali demoliscono il pensiero tradizionale e realizzano un universo
dove continuo e discontinuo si confondono, dove tutte le cose appaiono
come funzioni variabili in base allo spazio-tempo e dove vige un
relativismo assoluto.
Col
linguaggio filmico, grazie al montaggio, in una stessa sequenza il
passato si sostituisce alternativamente al presente ed interviene anche
il futuro: cosa non immaginabile nello spettacolo teatrale e neanche
nella narrativa.
Questi
elementi sono riscontrabili anche nelle pellicole degli esordi ma
esempi particolarmente significativi li troviamo in film noti a tutti
come: “Il posto delle fragole” del 1957 di Bergman ed in “Amarcord” di Fellini del 1973. In questi lavori di due grandi registi addirittura è il tempo che diventa protagonista della vicenda narrata.
Quindi se la teoria della relatività ha costituito una rivoluzione culturale del secolo appena trascorso possiamo
dire, con certezza, che il cinema ha partecipato alla diffusione di
questo nuovo modo di concepire il mondo, mettendo in dubbio le certezze
che si erano costruite nei secoli precedenti.
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